ASMEL: MODIFICARE IL CODICE? NO, MEGLIO ABROGARLO 181 milioni di euro di appalti fermi al palo soltanto nell'ultimo mese. La stima annua supererebbe i 2 miliardi di euro, pari allo 0'1% del PIL nazionale.

12/12/2018

Il titolo del Forum Asmel del 3 dicembre scorso, ITALIA AL BIVIO: TRA SUSSIDIARIETÀ E DIRIGISMO, rimarca la profonda distanza che separa il paese reale da chi a livello romano si ostina a emanare norme farraginose e inapplicabili. ASMEL, l'Associazione per la Sussidiarietà e la Modernizzazione degli Enti Locali, si fa interprete da sempre del malessere degli oltre 2.600 Enti Locali soci che continuano a denunciare l'esistenza di un freno normativo all'efficienza e allo sviluppo. Il giudizio negativo sul nuovo Codice dei contratti pubblici, in vigore dal 19 aprile 2016 ma ancora in attesa di 35 provvedimenti attuativi dei 66 previsti (senza contare gli altri 11 genericamente indicati dall'art. 212, comma 2), è pressoché unanime. Lo stesso Presidente dell'ANAC Raffaele Cantone ha constatato le profonde criticità invitando il governo a intervenire. «Tanto vale - sostiene Francesco Pinto, segretario generale ASMEL – abrogarlo completamente e subito. Basterebbe ripristinare il Regolamento precedente, che diventerebbe, con pochi adattamenti, lo strumento attuativo delle direttive europee. Evitando traumi o ritardi da cambiamento, perché il vecchio Regolamento è per tutti gli addetti ai lavori uno strumento sperimentato da anni». Basterebbe adottare la formula del “copy out”, sostituendo il Codice con le direttive europee. Formula oggi applicata da Francia, Inghilterra e Spagna. E, prima ancora, proposta da Asmel in sede di audizione presso la Commissione Lavori pubblici del Senato, a marzo 2015. Per le regole attuative, secondo Asmel, occorre ripristinare, con pochi adattamenti, il vecchio Regolamento del 2010, ampiamente sperimentato e collaudato da tutti gli addetti ai lavori.  

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